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L'educazione precoce del cane da seguita

 

 

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L'educazione precoce del cane da seguita
di Sabine Middelhaufe

Avete mai provato a richiamare un Segugio Italiano che "vola" verso l'orizzonte sulla traccia fresca della lepre, o un Segugio Maremmano che sta alle costole di un cinghiale? O il Dachsbracke che tutto appassionato insegue il capriolo? L'avete provato? Senza successo, vero?
Al cane spronato dal suo istinto di caccia non interessano minimamente i fischi o richiami, i colpi di fucile o le macchine in movimento accanto a lui, egli registra queste cose, caso mai, solo vagamente, come marginalità che non lo riguardano. Perché? Perché durante la caccia il suo organismo è inondato di adrenalina.

L'ebbrezza della felicità causata dagli ormoni
L'adrenalina è l'ormone dello stress e viene distribuito come reazione sul carico fisico (o anche psichico). Il suo effetto: adatta il sistema cardiovascolare e il metabolismo all'attuale carico, alza la pressione del sangue e mette a disposizione grasso e zucchero cosicché il corpo può ricorrere più rapidamente alle sue riserve energetiche. Ma a caccia, nell'organismo del cane, vengono liberate anche altre sostanze, vale a dire gli ormoni corporei della felicità. Per esempio la serotonina che agisce da forte elevatore dell'umore, inibitore del dolore e incrementa la motivazione, la dopamina che fa svanire la stanchezza e l'esaurimento, poi la noradrenalina e infine alcuni endorfine. Tutti insieme mandano il cane che sta cacciando in una vera e propria ebbrezza di felicità; è drogato, è fatto...
Ironia della sorte: gli stessi ormoni della felicità inondano l'organismo umano quando siamo - nell'ebbrezza dell'amore!
Cacciare, per il cane appassionato, è quindi il vissuto della felicità per antonomasia e questo significa che andare a caccia è autogratificante, l'attività di per sé procura al cane una soddisfazione impareggiabile.

Segugio Italiano a caccia di lepre. (Foto: Sabine Middelhaufe)
Foto di titolo: Flora, incrocio di segugio nata in Sardegna. (Foto: S. Schoo)

Ora, si potrebbe dire: meraviglioso! Se la caccia procura così tanto piacere al cane ed è per giunta autogratificante basta sganciarlo e egli farà di sua volontà esattamente ciò che il cacciatore si aspetta, vale a dire aiutarlo a far carniere.
Errore. Per non pochi cani da seguita l'inseguimento, ad esempio, del capriolo che per insegnamento del suo conduttore non dovrebbe inseguire, offre la stesse ebbrezza di felicità come la cerca del selvatico di cui è avido il padrone. E tanti conduttori possono raccontare del segugio che appena sente l'emanazione del capriolo lascia la via della virtù, correndo per ore e ore dietro la selvaggina "sbagliata" piuttosto che dietro il cinghiale o la lepre desiderata dall'uomo.
E' vero che numerose razze, tramite la selezione, sono "pre-programmate" per la caccia a una determinata preda, ma se questa, nel momento decisivo, è assente e al cane inesperto sale al naso l'emanazione allettante di una altra specie selvatica? Aspettiamo seriamente che la disdegni, solo perché il suo proprietario non vuole cacciare quell'altra specie??
Niente fa più felici che la felicità, e una volta che il cervello canino ha creato un legame fra l'ebbrezza e un determinato odore, molto probabilmente siamo davanti ad un problema serio.
Certo che il segugio da lepre caccerà pure la lepre, il Maremmano i cinghiali, ma dall'esperienza, ormai, conosce anche un alternativa sommamente attraente se il selvatico "pre-programmato" dovesse mancare o se la cerca e l'inseguimento dovesse risultare troppo faticoso.

La caccia al capriolo, di solito, è tabu per il cane da seguita in Italia. (Foto: Engelbert Braun)

Quando il cane "drogato" agisce in modo suicida
Naturalmente, l'adrenalina e gli ormoni della felicità non solo possono "spegnere" temporaneamente l'obbedienza del cane, ma apparentemente anche la sua ragione. Chiunque partecipi regolarmente alle battute al cinghiale conosce quei cani che si lanciano verso i cinghiali, da parte loro prontissimi a vendere cara la pelle. Quei cani, nella loro ebbrezza di felicità, non si curano delle conseguenze del loro agire in quanto, grazie al cocktail di droga corporea nel loro sistema, sono immuni verso il dolore e indifferenti verso le ferite causate dalle zanne fatali. Il numero dei cani rimasti uccisi durante la caccia al cinghiale è spaventoso; il numero di quelli che, raffazzonati dal veterinario, alla prossima battuta dimostrano esattamente lo stesso comportamento quasi suicida di prima, in fondo è ancora più spaventoso. Perché questi cani non sono particolarmente coraggiosi, ma particolarmente "stupidi" quando sono posseduti dall'ebbrezza degli ormoni. (Anche se l'iperselezione su determinate caratteristiche è la causa vera e propria di quella mancanza dell'istinto di autoconservazione.)

I primi mesi di vita sono decisivi
Il comportamento di caccia si osserva già nel cucciolo di 4-5 settimane: corre dietro la pallina per "abbatterla", afferra un vecchio guanto per scuoterlo "a morte", insegue tutto determinato una traccia odorosa per terra, reagisce con interesse all'emanazione dei diversi animali selvatici e così via. Prima però che il giovane cane sia realmente in grado di cacciare un selvatico deve sviluppare fino a un certo grado una serie di caratteristiche e capacità senza di cui la caccia di successo sarebbe impossibile.

Prima che il giovane cane sia realmente in grado di cacciare un selvatico deve sviluppare una serie di caratteristiche e capacità
senza di cui la caccia di successo sarebbe impossibile.
(Foto: S. Schoo)

L'aspetto più ovvio è forse la maturazione fisica: chi non è capace di correre e muoversi velocemente, abilmente e tenacemente, non può sperare di fare carniere. Ma per poter riconoscere come tale lo stimolo che causa la spinta alla cerca e all'inseguimento, i sensi, e soprattutto il senso olfattivo, devono essere capaci di percezioni differenziati e deve rendere anche il cervello che processa queste percezioni per poi ordinare determinate reazioni e maniere d'agire. Solo che tutto questo da solo non servirebbe a niente finché mancano le premesse mentali e psichiche, vale a dire, fra l'altro, l'equilibrio necessario fra curiosità e cautela, sufficiente sicurezza di sé per osare di entrare nella "terra inesplorata", di allontanarsi un bel pezzo dalla persona di riferimento (quindi il padrone) e di essere generalmente capace di elaborare l'enorme alluvione di stimoli ed informazioni che allagano il cervello del cucciolo quando corre per 200 m dietro la lepre che si è alzata in fuga. Per noi sembra una quisquilia, per il giovane cane è un evento incisivo.
Per garantire uno sviluppo sano, madre natura ha fatto sì che corpo, mente e psiche del cucciolo si dispieghino pian piano e in ordine sensato. Quando è raggiunto un determinato livello di sviluppo questo viene utilizzato abbondantemente creando così le necessarie premesse per la fase di sviluppo successiva. Però, questo significa anche che per mancanza di certe esperienze d'apprendimento si formano delle lacune che non possono più essere riempite in un secondo momento e, peggio ancora, che aggravano o rendono del tutto impossibile la formazione completa dei livelli di sviluppo seguenti.
Si può immaginare il processo come la costruzione di una casa: se già nelle fondamenta mancano metri di cemento armato qui e là, logicamente non si può posare mattoni su questi posti vacanti e quanto si tenta di nascondere questi difetti dietro una facciata carina, non si ottenerà mai una casa stabile e sicura.
Eppure, per noi lo sviluppo a fasi del cane, e nel nostro contesto soprattutto lo sviluppo dell'istinto di caccia, porta ad un vantaggio enorme: tanto tempo prima che potrebbe "drogarsi" con i piaceri della caccia reale abbiamo l'opportunità di influenzare che cosa e come caccerà un domani.
Come già detto prima, l'istinto di caccia come tale è già riconoscibile molto presto, ma prima che procuri al cucciolone la prima vera ebbrezza passeranno alcuni mesi e di questi mesi dobbiamo fare buon uso.

L'istinto di caccia come tale è già riconoscibile molto presto, ma prima che procuri ad un cucciolo come questo Dachsbracke la
prima vera ebbrezza di felicità passeranno alcuni mesi e di questi mesi dobbiamo fare buon uso.
(Foto: Anita Züsli)

La preparazione del cane da lepre
Iniziamo con l'esempio di un segugio per la caccia alla lepre. Andiamo a prendere il piccolo a 8 settimane dall'allevatore, nei giorni successivi ci occupiamo tanto di lui tramite il gioco e il contatto fisico, per fare sì che si abitui bene alla nuova vita e a noi. A partire della 10° settimana cominciamo già a portarcelo dietro per brevi escursioni in un ambiente naturale. Quando, dopo qualche giorno, segnala con il suo comportamento di sentirsi bene e sicuro lì fuori con noi, prepariamo la prima traccia trascinata con la pelle della lepre (abbattuta durante la precedente stagione di caccia, si intende, e appositamente conservata con sale o messa nel freezer per l'occasione e ora usata scongelata e ben asciugata). Questo primo incontro con la sua futura preda deve essere per il cucciolo un vissuto veramente piacevole, per cui non lo forziamo troppo sulla traccia, certamente non lo rimproveriamo mai se sbaglia, e quando alla fine arriva alla pelle lo lasciamo senz'altro scuoterla un po' e chiaramente facendogli tante feste e dandogli un piccolo premio.
Le tracce trascinate saranno ripetute 3-4 volte la settimana senza mai dimenticarci di lodare e premiare il cane.
A questo punto non è importante che il cucciolo arrivi alla meta molto velocemente e abilmente, ma è importante che cercare la pelle di lepre gli dia un immensa soddisfazione. Lepre = felicità, deve essere la sua associazione. Che poi è il suo padrone che lo porti all'inizio traccia e generalmente fa possibile questo godimento crea nel cane un forte legame e grande fiducia in lui.
Successivamente integriamo le tracce con i primi contatti controllati col selvatico vivo, portando il piccolo in una zona popolata di lepri, cosicché possa conoscere gli odori della pista fresca, del giaciglio e delle feci. Se abbiamo la fortuna di incontrare una lepre incoraggiamo il cucciolo a rincorrerla pure per un po'.



Dopo le tracce trascinate, per cuccioli come questo Segugio Russo, è l'ora per il primo incontro con la lepre viva.
(Foto: Päivi Pesonen)

A parte l'esperienza "cercare la lepre è totalmente emozionante!" il cucciolo, naturalmente, deve anche imparare che le altre specie selvatiche non hanno significato per lui (e il padrone). Allora, andremo col cucciolo al guinzaglio al margine del bosco o nei campi quando i caprioli sono là a brucare. La nostra presenza, prima o poi, li farà scappare, ma noi proseguiremo come se niente fosse. Il giovane Segugio deve vedere sfuggire i capriolo, può anche annusare le loro feci o dove hanno pascolato, ma intanto il padrone dimostra solo una calma indifferenza verso tutto ciò. I caprioli non c'entrano, è il suo messaggio. Se il cucciolo tutto agitato, durante i primi incontri, tenta comunque di rincorrere la selvaggina, il guinzaglio impedisce l'azione mentre noi ripetiamo un calmo "Noooo!" Per ricordare il piccolo che cosa da veramente soddisfazione, offriamogli in seguito una breve "caccia alla lepre" tramite la traccia trascinata.
Attraverso tali esercizi regolari il giovane Segugio imparerà presto che il suo mondo gira intorno alla lepre, mentre i caprioli ecc. non gli danno un bel niente e quando poi, a 4-5 mesi, sarà fisicamente e mentalmente pronto per i primi veri, anche se brevi, inseguimenti, l'emanazione della lepre per lui avrà già un valore emotivo estremamente alto e gli ormoni della felicità che allagano il suo organismo in queste occasioni faranno il loro dovere.
Ovviamente, il piacevole ma coerente insegnamento "lepre - sì, altra selvaggina - no!" deve continuare per l'intero primo anno di vita del cane, finché soprattutto la seconda parte della lezione è completamente assimilata. Quando ciò è ottenuto però, possiamo guardare con fiducia verso i prossimi 10, 12, forse persino 15 anni, in cui il nostro ausiliare perfezionerà al pieno i suoi talenti individuali e li userà senza mai lasciare la via della virtù.

Cucciolona di Dunker insegue la lepre. (Foto: Per Harald Sivesind)

La preparazione del cane da cinghiale
In modo molto simile si svolge l'educazione del cucciolo destinato alla caccia al cinghiale, solo che le tracce trascinate per lui sono fatte con le zampe o un pezzo della pelle di cinghiale (tenuto sotto sale o in freezer fino all'uso).
Egli impara, allo stesso modo del suo collega da lepre, che l'altra selvaggina, anche in questo caso soprattutto il seducente capriolo, non lo riguarda.
Per conoscere di persona il suo selvatico prestabilito ci serve l'apposito recinto abitato da un branco di cinghiali. Questo primo contatto con la bestia nera deve essere eseguita con attenzione - e con la disponibilità del conduttore di far valutare realisticamente il suo cucciolone dall'esperto che dirige le lezioni.
Secondo una ricerca fatta in Germania risulta che solo 1 cane su 5 possiede le necessarie doti innate del buon cane da cinghiale, ma che tramite l'addestramento adatto si riesce ad addestrare il 50% dei cani utilizzabile per questo tipo di caccia, indipendentemente che si tratti di un segugio o cane da cerca, un terrier, Bassotto o un cane da ferma poliedrico.

Il Beagle trova la zampe del cinghiale alla fine della traccia trascinata. (Foto: Sabine Middelhaufe)

Conoscere il cinghiale
Nella primissima visita del recinto il cucciolone di 4-5 mese viene condotto dal suo padrone al guinzaglio al lato esterno della recinzione in modo che per qualche minuto possa sentire e vedere i cinghiali che da parte loro si avvicinano incuriositi alla rete metallica. (Vedi anche le note sul recinto d'addestramento in fondo pagina) Il collegamento fisico al suo padrone attraverso il guinzaglio dà sicurezza al cane e si desidera che da questa posizione abbai decisamente ai selvatici.
Se già durante questo esercizio introduttivo non dà voce, abbassa del tutto la coda e cerca di scappare dalla presenza degli animali da lui percepiti come troppo minacciosi, nonostante la vicinanza e l'incoraggiamento del suo padrone, molto probabilmente quel soggetto non è indicato per la caccia al cinghiale. Cuccioloni che dimostrano ripetutamente insicurezza o vera paura o addirittura completo disinteresse verso le bestie dietro la rete, anche da adulti non cacceranno da soli un cinghiale e si rivelereanno essere i così detti “rimorchi” nella muta che in fondo non servono a niente.
Se l'allievo invece si decide solo dopo una certa esitazione di dare voce e di avvicinarsi alla rete, viene lodato e portato via dopo 2-3 minuti. L'esercizio è da ripetere alcune volte, sempre a distanza di circa una mezz'ora, e se la sua insicurezza e la mala voglia di abbaiare ai cinghiali rimangono il comportamento dominante, anche questo cucciolone sarà un soggetto che sarà opportuno addestrare per un altro tipo di caccia.

Segugia al primo incontro col cinghiale. (Foto: Sabine Middelhaufe)

Il primo contatto diretto col cinghiale
Per il giovane cane che ha manifestato interesse e voce segue la seconda lezione: egli entra alla lunga insieme al padrone in una particolare zona d'allenamento del recinto e viene condotto verso un singolo cinghiale appositamente scelto per questo lavoro. Di nuovo si desidera che il cane, per 2-3 minuti e sempre alla lunga, osa di avvicinarsi alla bestia, che dà voce continua e deciso, e che, se il selvatico fa un movimento brusco e perfino qualche passo veloce verso il cucciolone, egli reagisca con l'abile manovra di evitare il cinghiale, tenendolo sottocchio però e dando voce ulteriormente. L'allievo deve imparare che, da una parte i cinghiali non perdono la calma cosi facilmente, ma che d'altra parte possono decidere repentinamente di cacciarlo via scattando verso di lui.
Un cane che dà voce solo timidamente e per pochi momenti, che tiene tanta distanza fra se e la bestia porcina e appena quella si muove tenta di sfuggire, in altre parole: un cane che è prevalentemente insicuro e non evidentemente motivato ad incalzare il cinghiale, dovrebbe uscire subito dal recinto. Se, anche ripetendo l'esercizio, si ottiene lo stesso risultato il più grande favore che il padrone può fare a se stesso e al cane è di non considerarlo per la caccia al cinghiale.

"Lavorare" il cinghiale
Per il giovane soggetto che, secondo la valutazione dell'esperto che dirige il recinto ha fatto bene, nella visita successiva affronterà il terzo esercizio. L'allievo, di ormai 6-7 mesi, viene portato dal padrone al guinzaglio nella zona principale del recinto, grande circa 3 ettari, finché non vedono un cinghiale, poi sganciato e incoraggiato a "lavorare" quel selvatico.
L'aspetto importante per il cane è che adesso deve muoversi da solo e agire senza il diretto aiuto del padrone, che finora poteva sempre influenzarlo tramite la lunga. (Ovviamente, il conduttore e l'esperto rimangono pur sempre presenti, ma non intervengono se non c'è pericolo per il cane o il selvatico.) Il comportamento corretto sarebbe che il cane si avvicini abbaiando all'animale, lo mette in movimento, ma dimostri anche l'intelligenza e abilità di schivare senza troppa agitazione eventuali finti attacchi del cinghiale. La lezione è limitata a 5 minuti dopodiché il cane dovrebbe rispettare l'ordine del suo padrone di ritornare da lui, o almeno farsi portare via al guinzaglio dal cinghiale senza troppa resistenza. In caso contrario, è consigliabile approfondire a casa l'obbedienza dell'allievo.
Il candidato che per la prima volta, potendo contare solo su se stesso, scappa al primo finto attacco, o corre scoraggiato e ammutolito dal suo padrone in cerca di aiuto, viene tolto dal recinto.
Più tardi avrà nuovamente l'opportunità di affrontare un cinghiale e se non raggiungerà la meta desiderata neanche questa volta, sarà meglio non utilizzarlo per la caccia al cinghiale.

Dachsbracke della Westfalia Cito vom Wilden Mann nel recinto. (Foto: César Kossmann)

Lo stesso vale discorso vale, tuttavia, anche per cani che dimostrano subito un eccesso di sconsiderata aggressività, mordendo il cinghiale e mettendo quindi se stessi a rischio di gravi ferite. Un buon cane da cinghiale deve cercare con sistema e efficacia e lavorare in sicurezza il selvatico. Un cane "Kamikaze" invece è l'ultimo ausiliare che si vuole avere in muta durante la battuta. I due, tre successi che ottiene nella sua - di solito breve - vita non giustificano l'inquietudine e lo stress che si verificherà durante la caccia e la pessima influenza che potrà avere su cani giovani, per non parlare poi delle inevitabili spese veterinarie. Perciò il gestore coscienzioso del recinto interromperà subito l'allenamento di un soggetto con "aggressività suicida" verso il cinghiale.
La caccia di successo presuppone nel cane, fra le altre qualità, coraggio, resistenza al dolore e spirito combattivo, certo, ma anche abbondante intelligenza e l'istinto di autoconservazione per poter lavorare per 10, 12 anni.
A questo punto risulta evidente perché l'addestramento nel recinto deve essere condotto e supervisionato a regola d'arte. Il “maestro”, cioè il gestore del recinto che ha tanti, tanti anni di esperienza pratica della caccia al cinghiale, della condotta dei cani in queste occasioni e di dimestichezza con le bestie nere nella recinzione è in grado di valutare correttamente il giovane cane e di dare i consigli necessari al conduttore, perché riconosce subito se il cucciolone possiede un'aggressività poco sana o se si tratta solo di spavalderia pre-puberale per mancanza di esperienza. In quest'ultimo caso, nella successiva visita del recinto, farà al prepotente affrontare un cinghiale il quale gli insegnerà senza esitazione che forse sarebbe meglio essere un po' più prudente in futuro!

La prima cerca
Quando il maestro considera superata con successo la lezione si arriva al quarto passaggio dell'addestramento: il cane viene sciolto nell'apposita zona ampia del recinto, dove ora sono presenti, ma non in piena vista, più cinghiali, e mandato dal conduttore alla cerca. Si deve quindi allontanare senza esitazione dal padrone, pur non vedendo un selvatico e perlustrare da solo un ampio terreno naturale. Appena trova un animale, a seconda della situazione, deve inseguirlo o metterlo in movimento dando voce di continuo. Conduttore e maestro seguono l'allievo, per poter incoraggiare, lodare e subito "aiutare" il cane, quando abbaia a fermo.
Lo scopo della lezione è di far capire al cane che è effettivamente in grado di influenzare a suo vantaggio il comportamento di una preda più grande e pesante di lui e inoltre munito di formidabili armi di difesa.
Gli studi in Germania confermano che i cani ammessi al quarto esercizio di regola lo eseguono senza problemi.

Dachsbracke della Westfalia Cito vom Wilden Mann nel recinto. (Foto: César Kossmann)

Lavorare autonomamente
Si arriva finalmente all'ultima lezione. Questa volta il conduttore sgancia il suo allievo di 8-9 mesi nel centro della grande recinzione, lo manda alla cerca e attende. Dopo un massimo di 5 minuti il cane dovrebbe aver trovato almeno uno dei cinghiali del branco presente e lavorare questo capo ad alta voce per almeno 3 minuti. Così dimostra la sua volontà e capacità di trovare da solo un cinghiale, di saper dare voce inequivocabilmente, di possedere la sicurezza di sé e il fegato di agire in maniera sensata e con successo anche senza il sostegno diretto del suo padrone.
Al conduttore questa lezione, abbastanza vicina alla caccia reale, porta ad alcune informazioni fondamentali in quanto scopre la soglia dello stimolo per dare la voce del suo ausiliare e il suo stile di lavoro. Dà voce sulla traccia vecchia? Come suona la voce a vista del selvatico? Quando inizia l'abbaio a fermo? Come si comporta e come suona la sua voce quando si trova davanti un branco di cinghiali piuttosto che un solo esemplare? Ha la capacità di separare un singolo dal suo gruppo? Ha resistenza ? E' stato assimilato bene tutto ciò che ha imparato fino adesso?
Il 50% degli allievi fallisce questa sfida. Gli mancano i presupposti per lavorare ininterrottamente per quei circa 8 minuti o senza l'intervento e/o la vicinanza del conduttore. In tali casi si consiglia di ripetere l'esercizio dopo qualche giorno per verificare se l'aumento di esperienza fa aumentare anche la sicurezza e voglia di caccia.
Anche al cane che ha fatto bene non nuoce certamente ripetere la visita del recinto. Tanto più numerose sono le esperienze in queste condizioni controllate, più grande sarà il suo successo nella prima prova di conferma reale.
Andare a caccia di cinghiale è un mestiere pericoloso che dovrebbero praticare esclusivamente i soggetti ben preparati e adatti. Mandare avanti, alla prima occasione che si offre, un cucciolone o giovane adulto acerbo con la muta "solo cosi" per vedere che succede, non è solo il colmo dell'incoscienza ma attesta anche l'assoluta irresponsabilità del conduttore verso il benessere dei cani a lui affidati.
L'addestramento nel recinto dura tanti mesi e nel frattempo vale, come già spiegato per il cane da lepre, per fissare nella testa del cane da cinghiale, tramite le tracce trascinate, la convinzione che l'ebbrezza della felicità si trova solo con quel particolare odore, e dall'altra parte vale per rinforzare l'indifferenza verso altre specie selvatiche attraverso le uscite nell'ambiente naturale. L'insieme di tutti questi esercizi crea e consolida anche il legame del cane al suo conduttore senza ridurre la suo autonomia a caccia, perché in fin dei conti anche il cane da cinghiale, a fine giornata, dovrebbe sentire la voglia di ritornare dal suo padrone piuttosto che vagabondare per giorni da solo nei boschi e paesini...

Dachsbracke della Westfalia Lea vom Kaufunger Wald è ben preparata per la caccia. (Foto: Susanne Kossmann)

Note sul recinto d'addestramento
La struttura
1) La vegetazione che si consiglia dovrebbe essere un bosco misto chiuso con una percentuale di pini e solo alcune piccole superfici aperte. La relazione ideale sarebbe 2/3 zona boscata 1/3 zona aperta.
Il terreno deve disporre di una fonte naturale d'acqua. I cinghiali devono trovare sufficiente boscaglia, per evitare che si sviluppano in cosi detti "cinghiali da corsa", posti naturali (o costruiti) dove proteggersi dal caldo, dalla neve ecc., insogli, piante per grattarsi e blocchi di sale.
2) Il recinto dovrebbe avere almeno tre compartimenti.
a) Una piccola zona d'allenamento per il primo contatto diretto fra il cane al guinzaglio e un cinghiale necessita solo una tale misura che permette al cane di avvicinarsi al selvatico e a quest'ultimo di ritirarsi senza problemi quando è stufo del "gioco". I cinghiali per queste lezioni devono essere adulti o quasi con un peso minimo di 30 kg e la sicurezza di sé per difendersi.
b) La zona d'allenamento principale di 2 o al massimo 3 ettari di habitat naturale serve alle diverse lezioni di cerca e l'inseguimento di uno o più cinghiali dalla parte del cane e deve perciò essere abbastanza estesa.
c) La terza è la zona di ritiro per i cinghiali in cui i cani non entrano mai. Questo spazio "privato" e diviso dallo spazio "pubblico" tramite una stradina. Si sono dimostrati validi superfici di 2000 - 5000 mq per capo.
Se la struttura deve contenere più di un branco è necessaria un zona di ritiro per ogni branco.

Cinghiali in un recinto. (Foto: Sabine Middelhaufe)

I cinghiali
1) I cinghiali del recinto, per via delle loro esigenze sociali, sono sempre più di uno, mai un solo esemplare. Preferibilmente si inizia con due femmine e un maschio.
2) Tutti i cinghiali devono essere abituati alla presenza benevole e all'occasionale (!) contatto fisico con i collaboratori fissi del recinto, per garantire che gli animali non temano le persone e non siano aggressivi verso l'uomo (cioè neanche verso i conduttori dei cani), e che il titolare del recinto possa intervenire, in caso di necessità, senza grande rischio durante le lezioni.
3) Per via della funzione del recinto, a lungo termine è necessario una struttura differenziata d'età dei cinghiali che permette di scegliere gli esemplari più adatti alle esigenze dei cani individuali.
4) La relazione fra femmine e maschi dovrebbe essere 2:1. I giovani maschi scelti a rimanere nel recinto sono da castrare.
5) Per preparare un cinghiale al suo "lavoro" passa circa 1 anno.
6) E' da ricordare che, a differenza dei cinghiali che vivono in libertà, quelli nel recinto affrontano più presto il cane e imparano velocemente a lavorare in modo efficace come branco.

Cane e cinghiale
1) In ogni lezione è permesso un solo cane nel recinto.
2) In ogni giorno il numero dei cani che usano il recinto non dovrebbe superare 6 soggetti.
3) Quando nel cane o nel cinghiale si verificano segni di stress la lezione viene subito terminata.
4) Quando viene ovvia la continua e unilaterale superiorità del cane rispetto al cinghiale o viceversa la lezione viene subito terminata.
5) Il titolare del recinto sceglie per le prime lezioni il cinghiale meglio indicato per il cane presente secondo la taglia/il peso e il carattere/comportamento di entrambi.

Cinghiali in un recinto. (Foto: Sabine Middelhaufe)


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