Razze: ritratti •• Razze: esperienze •• Segugi & cani per pista di sangue •• Addestramento •• Allevamento •• Buono a sapersi ••
Gli autori Fotoalbum Libri & DVD Links Contatto Copyright

Buono a sapersi



Perché le donne tedesche fanno le cacciatrici




Buono a sapersi


> Intervista allevatori
> Ritratti

> Esperienze
> Fotoalbum


home

Perché le donne tedesche fanno le cacciatrici?
Di Sabine Middelhaufe

Indipendentemente dal fatto se siamo per o contro la caccia o indifferenti verso l’argomento, tutti noi abbiamo un’immagine generale del cacciatore: si veste di verde, ha la pancetta, è di mezz’età o oltre e tendenzialmente è autoritario e non sentimentale. Se è vero che usa il fischietto anche per mandare la moglie a fare la cuccia non lo sappiamo, ma non ci sorprenderebbe.

Della variante femminile del genere “cacciatore”, solitamente, non abbiamo nessun’immagine, poiché la maggior parte di noi non sa nemmeno che esiste.
Dunque, come potrebbe essere la cacciatrice tedesca?
Una specie di formidabile valchiria con i baffetti? Oppure una Diana eterea in veste svolazzante di Gore-tex? E chi deve
preparare l’arrosto di cinghiale a casa sua, il marito?
Scherzi a parte, sempre più donne tedesche scoprono il fascino dell’arte venatoria, conseguono la licenza di caccia, partecipano alle battute, addestrano i cani. Qual è il loro movente? Cosa ne pensano della caccia, dei cani, della protezione degli animali?

Ecco le risposte di tre donne da diverse regioni della Germania.

Anke Lange ha 43 anni, di professione fa la commerciante eva a caccia dal 2001.

Sandra Jung, pasticcera 35enne è cacciatrice da due anni.
Sabine Hochhäuser, 45enne, per tanti anni ha lavorato come dirigente in una ditta americana produttrice di computer, va a caccia dal 2003 ed è socio attivo di un'associazione di assistenza per cani da caccia.

Perché siete diventate cacciatrici?

Anke: Quando ero bambina, già mio nonno mi faceva conoscere e apprezzare la natura, specialmente il bosco ed i suoi abitanti. Poi, per via del primo cane da caccia di mio marito e la mia femmina di Cocker Spaniel inglese ho cominciato ad in
teressarmi profondamente all’addestra

Anke Lange con uno dei suoi Springer Spaniel
-mento dei cani ed alla caccia. Spinta dal desiderio di comprendere più a fondo la natura ed i selvatici ho conseguito la licenza.

Sandra: Ho iniziato grazie al mio fidanzato. Lui era già cacciatore e mi dimostrò il fascino di quest’ hobby. La vicinanza alla natura e agli animali mi convinse a prendere la licenza.

Sabine: Anch’io andavo matta per la natura, i cavalli e i cani da caccia già da piccola. Pur condividendo questa passione, nessuno in famiglia faceva il cacciatore. Così, chiusa la mia vita professionale attiva, mi decisi consapevolmente per un cane da caccia il cui addestramento mi portò quasi logicamente alla conclusione di dover prendere la licenza.
Un passo, detto per inciso, di cui non mi sono mai pentita, perché la conoscenza complessa delle interazioni e i processi della natura fanno del giro in boschi e campi una passeggiata chiaramente più interessante; ti danno l’occhio acuto per l’osservazione della selvaggina e la consapevolezza della propria responsabilità.

Cacciatrici nelle riserve di caccia tedesche sono ancora un novum. Come hanno reagito i signori alla vostra partecipazione al corso venatorio?

Anke: Nel mio gruppo un terzo degli studenti erano donne. Sia gli insegnanti, sia gli altri partecipanti erano del tutto aperti e ci hanno accettati senza problemi.

Sandra: Anch’io ho avuto una bella esperienza.

Sabine: Nessun problema neanche da noi.

Avete avuto l’impressione che durante le prove per la licenza siate state trattate in modo diverso dagli uomini?

Anke: No. E mi hanno dato gli stessi compiti difficili degli uomini.

Sandra: Direi di no, e credo valga anche per l’altra ragazza che ha sostenuto l’esame insieme con me.

Sabine: Diversità nel trattamento? No. E perché avrebbero dovuto?


Sandra Jung.

E nella prassi venatoria? C’è il cacciatore che ha pregiudizi contro le femmine col fucile?

Anke: No, anzi sono sempre stata la benvenuta, e poi, per via dei miei cani c’è sempre un buon motivo per parlare e scambiarsi esperienze. Magari all’inizio della battuta qualcuno mi guarda un po’ strano, ma è la grande eccezione.

Sandra: Posso dire che non ho ancora incontrato pregiudizi  o non ci ho fatto caso.

Sabine: No, nessun problema.

Ed al pasto post-battuta, all’arrivo della grappa, obbligatoria nelle fredde giornate di caccia, la signora cacciatrice si sente fuori luogo?

Anke: No, un bicchierino lo prendo anch’io ma poi basta. Devo dire che, almeno da noi, non si esagera con l’alcool durante le battute nemmeno quando fa un freddo cane. La cena che conclude la giornata è sempre allegra e cordiale e le donne sono benvenute. Siccome io, dopo la cena, devo ancora ritornare a casa in macchina il problema del bere troppo non si pone.

Sandra: Nessun problema!

Sabine: No problem.

Secondo voi ci sono differenze fondamentali fra cacciatori e cacciatrici nel senso che magari le donne hanno meno tempo libero per l’arte venatoria, o che sono meno interessate ai trofei, o che sono più sensibili… insomma cose del genere?

Anke: Beh, forse abbiamo effettivamente meno tempo per la caccia, ma per questo motivo mi godo gli inviti alle battute ancora di più. Confesso che a volte lascio i lavori di casa per poter andare nella nostra riserva e dedicarmi all’ addestramento dei miei cani. Sì, secondo me i maschi sono più “trofeo-dipendenti”, vogliono dimostrare i loro successi mentre le donne non ne parlano di continuo. Ma siccome posso comunque partecipare a queste discussioni, sono accettata, con trofeo o senza.
Non mi pare che le femmine siano più sensibili ma tanti cacciatori si rallegra
no della compagnia femminile perché, così dicono, si comportano meglio che fra soli uomini “duri”. E poi, qualche scherzo lo prendiamo bene anche noi.

Sandra: Mah, credo che ci siano uomini e donne che pensano solo al trofeo e in entrambi i sessi trovi persone più o meno sensibili...


Sabine Hochhäuser durante l'addestramento.

Sabine: Essere un bravo cacciatore, per me, non dipende dal sesso della persona, ma dalla sua sapienza e capacità pratica. A tirare fuori dai rovi un cinghiale di 150 kg non ce la fa neanche un uomo da solo.
Un compito invece che vedo realizzato bene dalla donna è nell’ambito delle pubbliche relazioni pro caccia, e particolarmente nel settore cinofilo.

Quando avete deciso di prendere la licenza di caccia, i vostri familiari, amici, colleghi di lavoro erano sorpresi e forse vi hanno anche criticato?

Anke
: Mah, in generale c’è sempre un grande stupore quando mi confesso cacciatrice. Poi però, dopo una certa esitazione, la gente comincia a farmi delle domande sulla natura e sugli animali selvatici. C’è anche chi non crede una donna capace di andare a caccia, ma nessuno mi ha mai attaccato apertamente per la mia scelta, al di fuori di qualche discussione.

Sandra: Mentre la mia famiglia mi ha sostenuto nella mia decisione, alcuni amici non credevano
alle loro orecchie, che proprio io, tanto amante degli animali, ora vado in giro con il fucile…

Sabine: Una certa incomprensione, da una parte la ricordo anch’io, ma dall’altra anche tanto sostegno. Alcuni che avevano dubbi circa la mia scelta, li ho convinti con un gustoso arrosto di capriolo!

Avete un’idea di quante cacciatrici ci sono attualmente in Germania?

Anke: Non lo so con certezza ma direi il 15% dei possessori della licenza sono donne.

Sandra: Non saprei. Alcune centinaia forse?

Sabine: Pur conoscendo un sacco di cacciatrici non ho la minima idea del numero totale.

Con cani di quale razza siete finora andate a caccia?

Anke: Springer Spaniel Inglese e Cocker Spaniel Inglese.

Sandra: Un incrocio di Bracco tedesco a pelo corto.

Sabine: Weimaraner e Kurzhaar.


Anke Lange con un Springer Spaniel che riporta la volpe..
Il vostro cane da caccia l’avete acquistato da un allevatore o vi è già capitato di addestrare un cane proveniente dalla protezione degli animali?

Anke: No, finora non ho avuto cani dalla protezione.

Sandra: Il nostro Ayko proviene dalla protezione spagnola. Lui è un incrocio fra Kurzhaar e levriero e venne da noi all’età di 4 mesi. Siccome è da sempre malato di leishmaniosi, non può lavorare a pieno ritmo. E’ comunque un bravo cane da ferma, lavora benissimo nell’acqua e ha già svolto con successo alcune cerche sulla pista di sangue nella nostra riserva.


Sabine
: Ho una femmina di Weimaraner comprata in allevamento che ho addestrato sia per la caccia regolare sia per l’uso come cane da soccorso. Poi ci sono due maschi dalla protezione: Marti, è un Kurzhaar proveniente dalla Germania
che ho adottato all’età di 8 anni.
Oggi Marti ne ha quasi 13 e si gode la vita da „pensionato“ a casa nostra. Invece Ayk, un Weimaraner dalla Slowenia, arrivò da noi in ottobre, mezzo morto di fame. Solo adesso, in primavera, il suo stomaco ed intestino cominciano a funzionare correttamente. Ayk è iperattivo, soffre di estremi attacchi di panico e della paura di essere lasciato da solo. Per esempio grida come un matto quando lo porto in macchina, oppure quando, inosservata, lascio la stanza dove si trova in quel momento. Apparentemente nel suo paese di provenienza, hanno provato ad addestrarlo per la caccia  con conseguenze devastanti. Basta, per dirne una, fargli vedere gli attrezzi per l’addestramento al riporto che già Ayk si butta per terra terrorizzato…
Finora ho solo cercato di stabilire una certa obbedienza in Ayk, ma fra poco inizierà  da capo anche la sua “scuola di caccia”. Lo scopo è di fargli passare, in ottobre, con successo, la prova per l’uso venatorio, senza la quale non potrei mai portarlo in riserva. Mi auguro che con il corretto addestramento e tanta dolcezza, riesca fargli riacquistare fiducia in se stesso e negli uomini.
A parte questi cani, ogni tanto, ho degli ospiti in attesa di un nuovo padrone-cacciatore, poichè fungo da “casa di cura” per la nostra organizzazione. Naturalmente non addestro gli ospiti fino al punto da poter affrontare le prove. Secondo le loro attitudini e problemi lavoro con loro entro i limiti del possibile. A volte sono cani da caccia che ancora non hanno imparato quasi niente, altre volte sono cani che hanno subito dei metodi di addestramento del tutto sbagliati…

Marti.
I Cacciatori hanno bisogno di cani che „funzionino“ alla perfezione. Non c’è il pericolo che il cane diventi un mero strumento di caccia, come il fucile?

Anke: I miei cani sono amici e assistenti, non degli strumenti. Già per via dell’addestramento, della nostra cooperazione  e dei nostri successi, tipo il riporto della preda o la cerca sulla pista di sangue andata a buon fine, si sviluppa un senso di cameratismo e si
vede che al cane piace il suo lavoro quanto a me.

Sandra: Condivido cosa dice Anke. Proprio per le esperienze che si fanno insieme a caccia il cane diventa un vero compagno. E se poi, di notte, sono in cima al mio appostamento è tanto più bello col cane a fianco!

Sabine: D’accordissimo! Vado a caccia con il mio cane come con un compagno di squadra. La sua affidabilità e disponibilità  a dare tutto, nasce dal legame che abbiamo e dalla fiducia reciproca.

Scusate se insisto, ma per il non-cacciatore c’è quell’impressione che il cane da caccia rimanga pur sempre una specie di subordinato che non deve far altro che eseguire gli ordini impartiti dal padrone…

Anke: Certamente dipende dal modo d’addestramento. A me invece

fa piacere trattare il mio cane come camerata che condivide la mia gioia del lavoro. Sento una profonda pietà per cani che strisciano dietro il loro conduttore con la coda quasi fra le gambe e sento la stessa pietà per cacciatori che non hanno quel rapporto amichevole con il proprio cane. Il cane dovrebbe sempre essere amico e collega, non quel poveraccio che ubbidisce solo agli ordini del suo padrone.

Sandra: Proprio così. Il cane è un partner insieme al quale mi rallegro per le nostre uscite di caccia.

Sabine: Guarda, chi vuole un cane con ubbidienza cieca e assoluta si prenda un Pastore tedesco o meglio ancora il “Robo Dog” della Sony… Nel cane da caccia invece è necessaria una certa autonomia nell’agire e decidere poiché è il cane che fiuta e segue… non l’uomo.

Quindi, per voi, il cane che svolge il suo compito a caccia può e deve essere anche amico e cane da famiglia?

Anke: Certo! I miei cani sono sempre stati amici e compagni di vita e fra l’altro mi stanno intorno tutto il giorno. Questo più la coerenza dell’addestramento incrementano la fiducia e il legame fra di noi.

Sandra: Naturalmente! Noi viviamo con tre cani da caccia in casa e ogni tanto dormono perfino a letto con noi. E allora..?!

Sabine: I nostri cani sono naturalmente membri della famiglia ad ogni effetto.

Ritorniamo ancora all’addestramento. Tanti sono i profani che credono che il cane da caccia per essere utile nel suo mestiere deve per forza essere addestrato con durezza ed estrema severità. Cosa ne dite?

Anke: No!

Sandra: No! Ci vuole solamente coerenza!

Sabine: Coerenza è tutto.


Ayko di Sandra Jung.

In passato, fra tanti cacciatori era usanza di tenere il cane da caccia in qualche serraglio e ben staccato dalla vita quotidiana del suo padrone. Lo ritenete sensato o necessario?

Anke: No. Un cane tenuto lontano dal suo padrone in questa maniera non può essere socializzato come dovrebbe e dubito che il rapporto fra cane e conduttore diventerebbe veramente buono…

Sandra: No. Tutti i nostri cani vivono in casa.

Sabine: Conosco quel concetto assurdo dei vecchi cacciatori e non lo condivido assolutamente. Il cane fa parte della famiglia e ha gli stessi diritti degli altri membri – incluso quello di vivere in casa con noi.

Una volta si pensava anche che il cane per diventare un cane da caccia “serio” non dovesse giocare con i suoi simili. Come vedete quest’antico dogma?

Anke: Il contatto e il gioco con i suoi simili è importantissimo per lo sviluppo psico-fisico del cane e naturalmente non diminuisce né le sue capacità venatorie né la sua voglia di caccia. Al contrario, da adulto è più socievole e affidabile anche con gli altri cani.

Sandra: Faccio regolarmente incontri con altri proprietari di cani per far giocare insieme tutti i nostri quattrozampe come vogliono. Poi, avendone tre a casa, anche fra di loro giocano e gli fa un gran bene.

Sabine: Spero che queste idee antiquate ormai non siano più praticate. Niente è più importante per lo sviluppo del cane che il contatto sociale di ogni genere con i suoi simili.

Prendiamo un cane da caccia con doti normali, ossia non è né genio né stupidotto. Secondo voi, quali sarebbero i principi basilari di un metodo d’addestramento giusto per lui?

Anke: Prima di tutto ci vuole un ottimo „imprinting“. Poi si dovrebbe insegnargli già da cucciolo l’obbedienza delle materie base (cioè venire, sedersi, sdraiarsi, stare seduto e sdraiato, andare al guinzaglio dietro comando) ma senza esagerare, e sempre in modo calmo, paziente e coerente. Poi, arrivando all’addestramento specifico per la caccia direi di non aver fretta, di osservare il cucciolo, di usare ciò che offre da parte sua…Fare lezioni brevi, ma ogni giorno…Naturalmente portarlo a spasso quotidianamente sia in luoghi dove possa incontrare i suoi simili, sia in riserva per abituarlo al suo futuro posto di lavoro…

Sandra: Direi ci vuole calma, affetto, coerenza e mai, mai forza bruta!

Sabine: Penso che il giusto metodo d’addestramento dipende dall’età del cane, dal suo carattere, dalle sue attitudini, dalle sue esperienze precedenti ma anche dal mio carattere. Non solo ogni cane è diverso dall’altro ma anche ogni padrone. Il metodo che alla fine scelgo deve essere realizzabile per il mio cane e per me stessa. Ciò che ci vuole sempre e comunque è sensibilità, pazienza e la capacità di inter
pretare correttamente il cane.


Vita in serraglio? Ma va..!

Dov’è per voi il limite fra severità e durezza necessaria ed esagerata?

Anke: La severità necessaria per me è sinonimo di coerenza e quindi non c’è pericolo di esagerare. La durezza, limitata, la adopererei solo nel caso che il mio cane si rifiutasse di eseguire un comando ben conosciuto, per esempio il riporto della preda, per provocarmi. Naturalmente, dopo avergli fatto sentire gli effetti negativi della sua disobbedienza seguirebbe subito una gran lode per il comportamento corretto e desiderato! Del resto, ci vuole sempre sensibilità nell’applicare una punizione e purtroppo tanti che addestrano un cane qui falliscono. Botte, calci e urla non sono metodi d’addestramento come la durezza non può esserne la sua base.

Sandra: Far sì che il cane non vada fuori mano è necessario, ma picchiarlo, maltrattarlo con l’uso di collari spinati o impulsi elettrici no. Decisamente no!

Sabine: Direi che il limite è da definire per ogni cane individualmente.

Fra i cacciatori erano in uso – e ci saranno ancora oggi – metodi d’addestramento molto dubbiosi. Sei a conoscenza di qualcuno di essei che trovi completamente da abolire?

Anke: Quando sento del filo spinato mi viene da rimettere e anche il collare ad impulso elettrico non lo userei mai, tanto per la mia razza [Springer Spaniel Inglese] non ci vuole di sicuro. Però sono anche cosciente del fatto, che l’utilizzo di quest’ultimo attrezzo dipende dalla competenza con cui lo si applica, perché va da un leggero formicolare a scosse fortissime che possono rovinare un cane per sempre. Girare dolorosamente le orecchie del cane o picchiarlo sono cose orrende e imperdonabili.

Sandra: C’è gente che per insegnare al cane a stare al suo posto lo lega con il collare spinato ad un guinzaglio di 4 metri per poi lasciarlo correre con forza nelle spine del collare..! Come se non ci fosse altro modo per fargli capire! Poi sono anch’io contro il collare ad impulso elettrico.

Sabine: Cosa non sopporto sono le persone che per causa della propria incapacità di insegnare qualcosa a qualcuno agiscono in modo completamente incontrollato con brutalità ed ira per arrivare a tutti i costi allo scopo di sottomettere e di far “funzionare” un animale. E’ un’attitudine disgustosa in tutti, siano cacciatori, addestratori di cani, cavalli o altro.


L'addestramento giusto è sempre individuale.

Secondo voi, si può essere cacciatore e nello stesso momento protettore degli animali?

Anke: Certo! Caccia significa  regolazione delle popolazioni, mettere fine alla sofferenza di selvaggina malata, indebolita o ferita,  cura e mantenimento degli habitat per tutte le specie. La custodia dei selvatici e del loro ambiente è il compito principale del cacciatore, e sono proprio i cacciatori che aiutano nel periodo del taglio dei campi ad evitare la morte accidentale dei cuccioli di capriolo e lepre e che spiegano al pubblico il significato della protezione degli animali e dell’ambiente.

Sandra: Proprio così! Ma protezione degli animali per me significa anche poter fare lavorare un cane secondo le sue doti. E un cane da caccia rimarrà sempre t
ale. Dove potrebbe essere più felice se non con un cacciatore ragionevole e sensibile che lo fa lavorare tutti i giorni?

Sabine: Il senso della caccia è la conservazione di tutta la varietà che ci offre la fauna e flora nostrana. Ci sono parecchie azioni che cacciatori e protezione degli animali e dell’ambiente realizzano insieme: mettere a disposizione dei pipistrelli [animali piuttosto rari in Germania] luoghi nel bosco dove costruire i loro nidi; curare e mantenere biotopi umidi per gli anfibi; creare zone agli gli uccelli per covare e crescere indisturbati i piccoli, pulire boschi e sentieri, controllare e monitorare lo stato di salute degli alberi, delle acque, della selvaggina e così via.
Bisogna anche dire che
non tutto ciò che viene fatto nel nome della protezione degli animali è poi così positivo… Basta pensare al fenomeno dell’ “Animal Hoarding”, cioè la raccolta di animali da parte di certe persone. Lo stato di trascuratezza che subiscono quegli animali tenuti insieme in gran numeri dai loro „protettori“ spesso è scioccante.

I critici vedono nella caccia l’inutile assassinio della selvaggina per il divertimento del cacciatore. Cosa ne pensate voi?

Anke: L’uccisione inutile di un animale non è caccia e la persona che vuol solamente sparare il suo fucile non è un cacciatore. I critici, temo, preferiscano vedere solamente i capi di selvaggina uccisi nelle battute e ignorano tutti gli altri numerosi compiti primari del cacciatore, al primo posto la custodia degli animali e del loro ambiente. Del resto mi chiedo, chi va immediatamente a cercare e porre fine alla sofferenza della numerosa selvaggina ferita sulle nostre strade se non i cacciatori? Nella periferia delle grandi città come Berlino ed Amburgo ormai i cinghiali e le volpi creano non solo disturbo ma veri danni perché le loro popolazioni sono troppo grandi e di conseguenza si avvicinano sempre di più alle abitazioni ove trovano cibo, frugano nei bidoni della spazzatura, “arano”  orti e giardini… Persino chi è contro la caccia ripenserà la sua posizione di fronte a questi sviluppi.


Sabine Hochhäuser con la sua Weimaraner Afra.

Sandra: Com’è già stato detto più volte: la caccia è prima di tutto custodia e cura della natura e dei suoi abitanti. L’obbligo che c’è per ogni riserva di uccidere un determinato numero di capi si compie di solito con animali malati o feriti! Altroché sparare inutilmente..! E quanto al divertimento: il piacere del cacciatore è di stare possibilmente tutti i giorni nella natura e di avvicinarsi agli animali selvatici come poche altre persone riescono!

Sabine: Chi va a caccia per il divertimento di uccidere dovrebbe riflettere sinceramente sui propri problemi perché ne ha… Posso solo ripetere: lo sparo consapevole e necessario ad un selvatico rappresenta la minima parte delle responsabilità del cacciatore. Lui è praticamente il manager della sua riserva. Basta accompagnare un cacciatore per vedere e capire i numerosi compiti che deve svolgere quasi quotidianamente…L’addestramento e l’uso del cane da caccia ne fanno parte.


"Porci ante portas"

Foto (c) Vesper, Lange, Hochhäuser, Jung, Kruse, Hahn

 

Per dettagli cliccate sulla foto.
inizio pagina
fotoalbum cani
home